Monte Amiata, un tour insolito in Toscana

Monte Amiata, un angolo insolito e prezioso di Toscana. Compreso nelle province di Grosseto e Siena, domina dall’alto dei suoi 1738 metri le vallate circostanti, come la Val d’Orcia, la Val di Paglia, la superba piana della Maremma, le dolci e suggestive colline senesi, la verde depressione del lago di Bolsena.

La vicinanza del monte Amiata a centri di grande prestigio artistico e culturale accresce la sua importanza nello scacchiere degli itinerari turistici toscani. A pochi chilometri di distanza sono infatti facilmente raggiungibili Montalcino, Pienza, Montepulciano, Chianciano, Pitigliano, Sovana, e gli avamposti collinari della Maremma come Cinigiano, Scansano, Massa Marittima.

ll monte Amiata, massiccio della Toscana, mostra il suo profilo dolce, ma austero anche a grande distanza. Nelle giornate serene lo si scorge dalle colline del Chianti, dalla Maremma e da chi viaggia nel mar Tirreno, dai monti laziali, dalle acque tranquille dei laghi Trasimeno e Bolsena. Un profilo netto, forte, che emerge, alla stregua di una ciclopica cattedrale, dalla vasta superficie delle dolci colline toscane. Immerso e inserito nella Toscana classica, con l’Umbria e la Tuscia laziale a due passi, l’Amiata è rimasto per millenni un territorio con proprie autonome prerogative geologiche, storiche e paesaggistiche. Le rigogliose faggete, le rocce dalle forme inconsuete, le ricche e fresche sorgenti, le miniere e una stentata agricoltura montana hanno dato a chi vive sulle pendici della montagna la coscienza di un’orgogliosa diversità. I cicli della storia e dell’arte hanno lambito e variamente interessato nei secoli, il monte Amiata. Ma né gli Etruschi, né i Romani, né i Longobardi né gli imperatori d’Occidente, né le storiche Repubbliche di Siena e di Firenze, né la vivace modernità della vicina Grosseto, sono mai riusciti ad alterare lo spirito, il carattere, la magia della montagna amiatina, che ha reso simbiotico il rapporto tra natura, paesaggio e opera umana.
Nei secoli, il monte Amiata ha conosciuto e forgiato un’economia a misura d’uomo e di natura, utilizzando le risorse presenti in varia misura, dai pascoli delle colline e delle valli ai doni della grande foresta montana, ai prodotti di un prezioso artigianato locale, in un percorso di grande respiro sociale, artistico e ambientale. È lo stesso itinerario che proponiamo in queste pagine, senza tralasciare la comodità rappresentata, per il turista di oggi, da un territorio modernamente organizzato per ogni esigenza del visitatore. Non dimentichiamo, infatti, che il monte Amiata è anche una località rinomata soprattutto per i divertimenti invernali. Sono molto conosciute le larghe piste e lo sci di fondo: ben 12 piste di sci alpino (per un totale di 10 km) e 4 anelli per il fondo per un totale di 12 km.

L’anello della cima

amiata

Tra antiche fortificazioni e bagni termali, la prima sosta è all’insegna della storia, dell’arte e del benessere

L’itinerario che proponiamo è quello che segue la provinciale che circonda la vetta, inanellando i caratteristici borghi di Abbadia San Salvatore, Piancastagnaio, Santa Fiora, Arcidosso, Castel del Piano e Campiglia d’Orcia, in un girotondo di arte e natura. Lasciata la Strada Regionale Cassia (SR2), si prende la SP 61 e poi 18 per incontrare Abbadia San Salvatore, che risiede nella parte orientale del monte, sul lembo del pianoro dal quale sporge la gran massa di peperino (trachite) che ne formò il suo dorso. Il paese sorge in una pianura di circa mezzo miglio di larghezza, rivestita di giganteschi castagni che adornano e riparano con la loro ombra il paesaggio, presso a verdi praterie, in mezzo a orti irrigati da perenni sorgenti, primo alimento del fiume Paglia. Il paese è difeso nella parte occidentale da alte mura castellane, mentre dal lato orientale riposa sopra ripide scogliere di roccia, davanti a cui si apre una spaziosa vista fino al lago di Bolsena e alla maremma romana. Centro di soggiorno estivo e invernale, il più importante e meglio attrezzato del territorio dell’Amiata. Dell’Abbazia di S. Salvatore, che per un millennio circa ebbe a irradiare il suo potere in tutta la zona amiatina orientale, restano la chiesa e la cripta. Dalla storia e dalla leggenda si apprende che questo monastero, prima benedettino poi cistercense, nacque intorno al 750 per volere del re longobardo Rachis, che lo destinò inizialmente al controllo della via Francigena, che correva lungo la vallata immediatamente sottostante. Successivamente il potere temporale di questa abbazia, pur scontrandosi assai spesso con gli Aldobrandeschi, i potenti nobili i cui territori comprendevano tutto il versante occidentale dell’Amiata, trova grandi riscontri nella storia della Toscana e nei rapporti fra Papato e Imperatori. In tale contesto storico ambientale, registra un notevole interesse anche il borgo medievale, che si conserva quasi intatto con anguste strade pittoresche. Nei dintorni di Abbadia merita una visita la cappella dell’Ermeta, circondata da una fitta boscaglia. Sempre non lontana dall’abitato urbano, resta la vecchia area della miniera, una delle più produttive di cinabro, a testimoniare un’attività economica ormai non più attuale, tanto da essere divenuta oggetto di un intervento di riqualificazione urbana con insediamenti artigianali e con un interessante Museo minerario, ricavato nella palazzina della Torre dell’Orologio. La miniera di Abbadia, la cui storia è oggi tema di questo museo minerario, è passata nell’arco di circa un secolo dalla fase pionieristica della ricerca alle fasi di grande utilizzo produttivo (anni ’30-40), fino a quella del progressivo ridimensionamento, dovuto all’abbandono del mercurio nei vari usi industriali in cui tale metallo era impiegato. Chiusa completamente la miniera di Abbadia circa venti anni fa, e con essa anche gli altri giacimenti dell’Amiata, rimane oggi la testimonianza di una esposizione museale, che ripropone in termini chiari e organici la storia, la geologia, gli aspetti tecnici e sociali di un’epoca che ha lasciato il segno nella gente abbadenga.
All’inizio della provinciale, appena lasciata la Cassia, vale la pena fermarsi ai Bagni di San Filippo. I Bagni si trovano poco distanti da Abbadia San Salvatore (8 km), ma fanno parte del comune di Castiglion d’Orcia. Nei bagni è presente una suggestiva cascata naturale di acqua sulfurea, che sgorga dal suolo a una temperatura di 52°, la cascata è immersa nella macchia mediterranea. Le terme sono conosciute fin dal Medioevo, quando in questa zona era situato un punto di sosta e di ristoro per i pellegrini e i viandanti. La struttura termale oggi è attrezzata con ogni tipo di impianti e strutture, per soddisfare i bisogni, anche più esigenti dei clienti. Le acque alcalino-sulfuree sono adatte a cure termali di vario genere come bagni, fanghi, cure inalatorie e massaggi fisioterapici. Nelle terme sono di particolare bellezza la “Balena Bianca” e il “Fosso dell’Acqua Bianca”. Quest’ultimo è un tipico ruscello montano, con l’unica differenza che è alimentato non solo da acqua fresca, ma anche da quella calda termale. La “Balena Bianca”, invece, è una cascata di colore bianco, dovuta all’elevata presenza di calcare. Anche il borgo merita una sosta, e lo stesso vale per l’eremo di San Filippo Benizi, grotta trasformata in cappella dall’ordine religioso dei Serviti.

Piancastagnaio e Santa Fiora

Le cittadine sono state testimoni di una storia tormentata. Oggi sono due piacevoli località turistiche, dedite al turismo e all’artigianato

Seguendo la SP 18 si arriva a Piancastagnaio. Collocata su un pianoro con ricca vegetazione di felci e castagni, la città è dominata dal bel Castello Aldobrandesco, teatro di episodi storici legati non solo agli Aldobrandeschi ma anche alla famiglia Orsini, signori di Pitigliano nel tardo Medioevo. Il castello è oggi adibito a museo e ad altre iniziative culturali, e registra un sistema di restauri che ne hanno valorizzato l’imponenza storica e architettonica. Da segnalare le poderose mura medievali, che completavano le difese naturali dell’antico abitato, a testimonianza di una storia tormentata di quella comunità, interessata e vessata dalle mire espansionistiche sia delle famiglie Aldobrandeschi e Orsini, sia dell’Abbazia di S.Salvatore. In questo contesto va ricordato un edificio secentesco, il palazzo Bourbon del Monte, residenza di altri feudatari del luogo nel Seicento e nel Settecento, fino all’avvento del Granducato di Toscana. Ridente e piacevolissima la parte nuova del paese, le cui costruzioni si sono collocate nel pianoro originale, che ha dato il nome al paese, lasciando tuttavia grandi spazi verdi, occupati da castagni secolari e da due suggestivi santuari, la chiesa della Madonna di S.Pietro e quella di San Bartolomeo, nel cui interno è rinvenibile un affresco di scuola senese del trecento. Anche il poco distante borgo di Santa Fiora, che fu sede della Contea degli Aldobrandeschi fin dal X secolo, merita un particolare cenno per le tradizioni popolari e per i caratteri ambientali che tuttora conserva, oltre al fatto di costituire un luogo di piacevole soggiorno e riposo nel territorio del monte Amiata. Le sorgenti del fiume Fiora alimentavano, prima che fossero destinate a una rete di acquedotti diretta a tutta la Toscana del Sud, una peschiera inserita in un parco alberato altamente suggestivo, che completava il vasto giardino padronale degli Sforza-Cesarini, signori di Santa Fiora all’indomani della caduta degli Aldobrandeschi. Oggi la cosiddetta Peschiera è tuttora esistente ed è utilizzata, oltre che per l’allevamento di trote e di carpe, anche come meta turistica. Di grande interesse il centro storico di Santa Fiora, che presenta al suo apice una piazza dove si affaccia il palazzo Municipale, oltre a ciò che resta delle fortificazioni medievali, piazza che è da considerarsi il salotto buono dell’intero territorio amiatino. E’stato qui allestito un museo delle miniere, che pur non risultando esteso e documentato come quello di Abbadia, segna una significativa evocazione dell’epoca mineraria vissuta intensamente nel territorio di Santa Fiora e Castellazzara (miniere di Mercurio del Siele e del Morone).

Santa Fiora, veduta della Peschiera
Santa Fiora, veduta della Peschiera

Arcidosso e Castel del Piano

Arcidosso

Sono le più rinomate località per gli sport invernali, con oltre 20 km di piste. Ricche anche di pregevoli opere d’arte.

Da Santa Fiora, la SP6 porta ad Arcidosso. Come tutti i centri dell’Amiata, Arcidosso sorge al margine delle grandi foreste di castagno e di faggio che rivestono il versante ovest della montagna e si eleva ad una altitudine di 679 m. Si presenta suggestivamente con una parte antica a ridosso di uno storico castello Aldobrandesco e da una parte moderna che tende a collocarsi sui contrafforti montuosi che formano l’insellatura valliva tra il monte Amiata e monte Labro. Imponente e caratteristico da tutti i lati, per il suo aspetto turrito, il paese identifica la sua parte più elevata proprio nel castello, costruito forse prima dell’anno 1000, assediato nel 1331 dai Senesi, comandati da Guidoriccio da Fogliano e passato con tutta la comunità nel 1559 al dominio dei Medici. Assolutamente da visitare è il santuario della Madonna Incoronata, uno dei templi più venerati della montagna amiatina. Nell’interno della chiesa, pregevoli opere del quattrocento senese, così come preziosi dipinti di varie epoche sono presenti in altri templi del paese. Da segnalare anche una singolare fontana in ghisa di ottima fattura situata nel corso principale. Verso la frazione di Montelaterone (SP26), va ricordata la Pieve di Santa Maria di Lamulas, forse il monumento più antico dell’Amiata, centro di un casale di scambi commerciali risalente ai primordi dell’insediamento umano sulla montagna. Oggi risulta pesantemente risistemata, ma conserva tuttavia chiari segni della sua storia nei capitelli con incisioni di tipo rurale e con la statua lignea di una Madonna, attribuita alla scuola senese del Quattrocento, forse di Jacopo della Quercia.
Posta nel versante occidentale dell’Amiata e punto di riferimento per la pratica degli sport invernali, s’incontra poi Castel del Piano. Al centro del paese due templi di chiara intonazione barocca, la chiesa dell’Opera (o “Propositura”), ove sono presenti numerose tele e dipinti di Francesco Nasini e figli, esponenti del seicento toscano, e la chiesa della Madonna delle Grazie, affiancata al Palazzo Municipale, meritano una visita. Il borgo vecchio, fra l’altro, è ben conservato e presenta interessanti angoli panoramici sulla val d’Orcia, la valle degli olivi e dei vigneti. Oggi l’urbanistica del paese è di fattura moderna. È stata, infatti, ridisegnata nel secolo scorso da Orazio Imberciadori. Eleganti viali alberati e belle piazze ornano la città al di fuori del centro storico. A pochi chilometri dal paese, nelle località di Prato della Contessa e delle Macinaie, partono alcuni impianti di risalita per le stazioni sciistiche del Monte Amiata.

Seggiano e Campiglia d’Orcia

Seggiano

A caccia di piccoli tesori d’arte nei borghi punteggiati da rocche e castelli, oggi purtroppo in parte irrimediabilmente perduti

Lasciato Caste del Piano vale la pena salire a Seggiano per ammirare una sequenza di opere d’arte che merita grande attenzione. Il borgo, nato come casale del Monastero di San Salvatore, poi divenuto possesso della Repubblica Senese prima ancora delle conquiste territoriali di Guidoriccio da Fogliano, conserva una serie di affreschi, a tema sacro, di Girolamo di Domenico, nel piccolo oratorio di San Rocco, appena all’esterno dell’abitato. Nella parte alta del paese, la chiesa del Corpus Domini conserva dipinti di scuola senese e una serie di reliquie provenienti dal Convento del Colombaio, in cui ebbe a svolgere la sua opera mistica e meditativa San Bernardino da Siena. Ridiscesi sulla provinciale, l’ultimo paese che s’incontra è Campiglia d’Orcia, forse il più tranquillo e solitario della Val d’ Orcia. Si trova nel territorio comunale di Castiglione d’Orcia, una zona ricca di rocche e castelli, strettamente vincolati alla via Francigena che vi passava, di cui però resta poco. E poco resta anche della rocca e delle altre opere di fortificazione di Campiglia d’Orcia, mentre della Campigliola (o Campigliaccia) rimane un solo Torrione isolato con una poderosa volta a botte.

Cosa vedere

La zona è famosa per il meraviglioso Parco Faunistico del Monte Amiata. Il parco è collocato sul versante nord-est del Monte Labro, in un’area montana particolarmente pregiata per il suo paesaggio naturalistico e visitabile in ogni stagione dell’anno. Lungo i sentieri, immersi nel folto bosco, i turisti possono concedersi rilassanti passeggiate e scorgere qua e là, la fauna selvaggia che popola il territorio. Il parco è fornito di numerosi posti e soste di osservazione, inoltre è presente anche un’apposita torre, dalla quale è possibile, in rare occasioni avvistare il lupo appenninico. Le specie del bosco sono innumerevoli e per citarne alcune, cervi, caprioli, daini, camosci e mufloni. croce del monte amiataSulla vetta del monte una grande croce monumentale, edificata dall’artigiano senese Zalaffi, segna l’esatto punto del culmine. La croce, interamente in ferro, è alta 22 metri ed è visibile dalla pianura sottostante; nelle giornate serene è perfino avvistabile anche dalle coste della maremma.
Monticello Amiata è situato lungo le pendici sud-occidentali del Monte Amiata, la località è protetta da centinaia di ettari di foreste di conifere e castagni. Il paese di Monticello risale ai primi decenni del XIII secolo. Il terreno fu ceduto dai monaci benedettini dell’Abbazia di San Salvatore agli abitanti della zona. La struttura urbana è composta in modo tale che la chiesa principale si trovi nel punto più alto del paese, le porte si trovino a nord e a sud e siano unite da una via che attraversa il borgo in senso longitudinale. La via principale è interrotta solo al centro del paese dove è situata la bella piazza. Dalla via principale si diramano tutte le altre stradine della cittadina, collegate tra loro dai cosiddetti “chiassi”, stretti vicoli trasversali. Le mura del borgo composte dalle due porte, Porta Grande e Porta Piccina, sono affiancate da cinque bastioni, dei quali solo tre sono rimasti intatti. Dal paese si può godere di meravigliosi panorami, che si aprono sulle sconfinate vallate della Maremma, sulle valli dell’Ombrone e dell’Orcia.
Prato delle Macinaie, insieme a Prato delle Contesse sono due delle località più rinomate nei dintorni di Castel del Piano. Sono due grandi aree verdi situate sulle pendici del Monte Amiata, a circa 1400 metri di quota, nel quale verdi pinete e faggeti dominano il territorio. La zona è nota per gli sport invernali: difatti sono presenti impianti di risalita e stazioni di arrivo delle più conosciute piste dell’Amiata. Quando necessario la zona ha la possibilità di essere innevata anche artificialmente. Le escursione nella zona sono anche possibili durante il periodo estivo, dove il turista può soggiornare nel piccolo rifugio dei Padri Cappuccini. Sono splendide anche le fonti naturali che sgorgano lungo la strada che porta a S. Fiora e a Seggiano, ovvero le rinomate fonti delle Monache e Capovetra. Da questa “stazione” è possibile partire e, seguendo alcuni percorsi trekking, raggiungere la vetta.
Il Monte Penna, è uno dei rilievi a sud-est, che formano il Monte Amiata, situato nei comuni di Castell’Azzara e Piancastagnaio. La zona protetta si estende per oltre mille ettari, su un terreno con estesi fenomeni carsici, grotte e ampi boschi di castagni, faggi e aceri. Molto interessante è il bosco della Fonte, formato principalmente da diverse specie di aceri. Tra la fauna molti sono gli animali protetti: per citarne alcuni, la volpe, il capriolo, la martora e l’allocco. Tra le particolarità della zona segnaliamo il grande popolamento di pipistrelli nelle grotte che sono vicine al paese di Castell’Azzara.

Cosa mangiare

La tradizione gastronomica amiatina affonda le sue radici in un passato immemorabile. I funghi e le castagne, l’olio di qualità sopraffina e i vini non sono che una parte di una tradizione enogastronomica che prima di tutto è cultura e territorio. Le donne dell’Amiata hanno imparato a raccogliere i frutti della montagna e a trarne piatti squisiti che vengono tramandati di madre in figlia da generazioni e generazioni. E i boschi dell’Amiata donano queste erbe e questi fiori a piene mani, erbe deliziose, usate sia per i tortelli sia per le zuppe sia ancora per i liquori. L’acquacotta – piatto tipico della parte maremmana della montagna – o la zuppa arcidossina (con strigoli e ricotta) sono la vera traduzione di un territorio in gusto e sapienza, la trasformazione di piatti poveri (perché composti da quel che la terra offre) in pietanze che contengono il vero senso di una regione. Sono le stesse donne che da secoli preparano in casa la pasta, senza usare mai macchine o supporti, tranne il mattarello (lansagnolo, in dialetto) e la loro stessa forza: spianano tagliatelle, pici, gnocchi, tortelli, tagliatini, mescolano farine e preparano dolci e pani, ciacce e pizze di ogni tipo, mentre dalle case si spande verso la montagna l’odore del sugo di carne, oppure il delicato profumo della polenta di castagne, piatto unico dei vecchi minatori.

Hotel Ristorante Gambrinus
Via Esasseta 38/40 – Abbadia San Salvatore (Si)
Tel. 0577.778307

Il Fungo
Via dei Minatori 10 – Santa Fiora (Gr)
Tel. 0577.953025

Albergo Le Macinaie
Via Pozzo Stella 57 – Castel del Piano (Gr)
Tel. 0564.959001 – info@lemacinaie.it – www.lemacinaie.com

Silene
Via Montagna 9 – Località Pescina – Seggiano (Gr)
Tel. 0564.950805

Come arrivare

il verde del Monde Amiata

Da Roma (180 km): prendere autostrada A1 (direzione Firenze), uscita Orvieto. Proseguire fino ad Acquapendente e imboccare S.S. 2 Cassia (direzione Siena). Uscita per Abbadia San Salvatore, seguire le indicazioni per Monte Amiata.
Da Firenze (150 km): prendere il raccordo autostradale Firenze-Siena (direzione Siena), uscita per S.S 223 Siena-Grosseto. Continuare per S.S 223 Siena-Grosseto (direzione Grosseto), uscita Paganico. Seguire le indicazioni per Monte Amiata.

Sosta camper

Bagni di S. Filippo: lungo la strada per il Fosso Bianco di travertino, all’inizio della discesa. Area sosta gratis a parcheggio misto.
Abbadia San Salvatore: in via del Pino – via Fosso Canali. Con acqua e pozzetto, attrezzata.
Piancastagnaio: p.zza Unità D’Italia, area attrezzata nel parcheggio comunale con tre piazzole riservate
Santa Fiora: AA vicino al paese, provenendo da Piancastagnaio. Con acqua e pozzetto, segnalata. CS in via Martiri della Niccioleta, presso Area Servizio.
Arcidosso: area attrezzata del parco faunistico. Loc. Montelabro, 58031 Arcidosso, Italia
Tel.: +390564966867 | Email: info@parcofaunistico.it
Castel del Piano: Area attrezzata in via Po, presso lo stadio, nel parco a ridosso del paese. Con acqua, pozzetto, segnalata.
Castiglione d’Orcia: area attrezzata distante poche centinaia di metri dal centro storico, gode di un bellissimo panorama sulla val d’Orcia. Ingresso è adiacente alla sede della Pro Loco, in via della Rocca.

Altre aree sosta Grosseto

 

 

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