Alla scoperta della civiltà etrusca in centro Italia. Non solo archeologia ma anche un magnifico lago e una cucina deliziosa
di Riccardo Di Genova
Approfittando di un inizio estate favorevole dal punto di vista meteorologico, decidiamo di trascorrere un fine settimana alla scoperta della civiltà etrusca, scegliendo come meta principale il sito archeologico di Norchia, di cui più volte dei nostri amici camperisti ci hanno parlato con entusiasmo. Avendo la fortuna di partire già nel pomeriggio di venerdì, programmiamo una prima tappa di avvicinamento con sosta a Bracciano, dove sosteremo presso il Camping Azzurro situato in Via Settevene Palo, 16 proprio in riva all’omonimo lago laziale, che da sempre rappresenta una popolare località turistica e balneare ed è noto anche come Lago Sabatino. Il bacino, di origine vulcanica, ha una superficie di circa 60 kmq e una profondità massima di 164 metri. Vista la breve distanza da Rieti (appena 103 km), giungiamo a destinazione intorno alle 16.30 e quindi, dopo aver preso possesso della nostra piazzola, tiriamo giù lo scooter e ci dirigiamo in città per una passeggiata a piedi nel centro storico dominato dall’imponente Castello Orsini – Odescalchi, dalle torri del quale si può godere una bellissima vista su tutto il lago. All’interno del castello si possono ammirare numerosi arredi d’epoca, armature, armi e diverse opere d’arte: in particolare un grande affresco della scuola di Antoniazzo Romano e una serie di reperti archeologici etruschi provenienti dagli scavi di Caere Vetus (la vicina Cerveteri). Dopo una notte tranquilla, favorita dalla quiete del lago e anche dallo scarso affollamento del campeggio dovuto al periodo non ancora di punta, riprendiamo lo scooter e costeggiamo il lago sul lato nord, puntando verso Sutri e successivamente Norchia. Ci ripromettiamo di vedere al ritorno il centro di Trevignano Romano, con la piccola chiesa di San Liberato (IX sec.), ma soprattutto di fermarci in località Vigna di Valle, dove sorge il Museo Storico dell’Aeronautica Militare che ospita numerosi aerei restaurati e conservati che hanno fatto la storia dell’aviazione italiana. Come molti altri paesi della Tuscia, Sutri sorge su un imponente rilievo di tufo che domina la via Cassia. Le sue origini sono molto antiche e offre ai visitatori eccellenti testimonianze del suo passato; tra tutte vale comunque la pena di soffermarsi sull’anfiteatro romano (II-I sec. a.C.), importante monumento archeologico romano costruito in tufo e unico nel suo genere per essere completamente scavato nel tufo, a differenza di tutti gli altri anfiteatri, le cui tribune sono costruite partendo dal terreno. La struttura, di forma ellittica, è composta da tre ordini di gradinate e poteva contenere al suo interno oltre 9000 persone.
Poco distante, dopo una breve camminata lungo il sentiero pedonale che costeggia la Via Cassia, si giunge alla necropoli etrusca, che costituisce uno dei maggiori esempi di tombe di età romana scavate nel tufo. Attualmente sono visibili complessivamente 64 tombe completamente ricavate nella parete tufacea e disposte su più livelli. Già depredate e saccheggiate nel primo medioevo, le tombe hanno purtroppo subito nel corso dei secoli una serie di manomissioni che ne hanno compromesso l’integrità strutturale e stravolto il significato originario. L’alto strato di terra che in più punti ricopre anche i pavimenti delle camere e la folta vegetazione circostante, nascondono probabilmente altri ingressi, specialmente nella parte più settentrionale, dove la presenza di tagli e cavità lascia pensare ad un proseguimento della necropoli verso questa direzione. Un peccato che lo stato di conservazione generale non sia dei migliori, comunque abbiamo apprezzato questo salto nel passato e, soprattutto, gustato una bella passeggiata all’aperto e in un’atmosfera silenziosa che il luogo ha comunque mantenuto.
La meta successiva si trova a circa 35 km in direzione nord; decidiamo di partire subito in modo da trovarci a Norchia in tempo per visitare ciò che rimane della città etrusca e quindi fare uno spuntino all’aperto prima del rientro alla base. Percorrendo la SP90 puntiamo verso Vetralla, quindi imbocchiamo l’Aurelia bis per Monteromano e, percorsi alcuni chilometri, in località Cinelli voltiamo a destra; seguendo le indicazioni giungiamo in uno spiazzo dove parcheggiamo lo scooter. Di fatto la strada finisce qui, bisogna quindi proseguire necessariamente a piedi per altri 300 metri circa prima di giungere sul bordo della stretta valletta percorsa dal torrente Biedano. La visita vera e propria prevede la discesa a fondovalle attraverso scalette e sentieri impervi; una “avventura” certamente non pericolosa ma che potrebbe risultare scomoda a molti, pertanto è bene astenersi soprattutto in presenza di problemi motori. Quello di Norchia è un prezioso esempio di tombe etrusche rupestri uniche al mondo, anche se l’insieme riporta alla mente le tombe tipiche della cultura azteca o guatemalteca; davvero singolare avere questa sensazione in provincia di Viterbo! Tornando alle origini, c’è da dire che l’insediamento urbano raggiunse il suo apice tra il IV ed il II secolo a.C. e sorgeva su uno stretto pianoro posto alla confluenza dei torrenti Pile e Acqualta, nel Biedano, dove oggi sono visibili i suggestivi resti della medievale Pieve di San Pietro e del Castello che fu dei Di Vico. La varietà dei tipi architettonici è vastissima; le tombe a facciata sono in due o tre ordini, disposti su gradoni in parte naturali, in parte costruiti, modificando l’aspetto morfologico delle pendici dei pianori. Ben visibili e puntualmente segnalate mediante appositi cartelli sono la Tomba delle Tre Teste, la Tomba Prostila, la Tomba Ciarlanti, la Tomba a Camino ed il complesso delle Tombe Smurinas, sul fosso Pile. Un altro settore monumentale della necropoli, alle spalle del fondovalle del Biedano, è quello che ospita la Tomba Lattanzi, mentre il gruppo delle scenografiche Tombe a Tempio si affaccia sul fosso dell’Acqualta. La tipologia più frequente è quella delle tombe a dado, la cui parte superiore, il dado vero e proprio, reca scolpita la finta porta e culmina con una terrazza che veniva utilizzata per il rito della libagione. Una scala conduceva poi al portico colonnato, dove avveniva il pasto rituale ed i defunti venivano posti nella camera ipogea sigillata da grossi blocchi. In linea generale le tombe si dividono in due periodi: l’Arcaico (in un epoca compresa tra il VI e V secolo a.C.) e l’ellenizzante (tra il Iv e il II sec. a.C.). Sono prevalentemente a facciata, scolpite nel tufo rosso; benché il tempo abbia fatto opera di corrosione, ancora oggi vi si riconoscono i profili tipici dell’arte etrusca. Il tuffo nel passato è stato davvero emozionante: scatto un po’ di foto e risalgo “in superficie” in tempo per un più che meritato spuntino “al sacco”.
Il pomeriggio è appena iniziato e prima di rientrare in campeggio per la sera, teniamo fede al programma iniziale decidendo di passare qualche ora a Trevignano, rinviando la visita al Museo dell’Aeronautica ad un’altra occasione. Il paesino risulta molto accogliente; si tratta di un piccolo centro situato sul lato nord del lago di Bracciano, il cui centro storico quasi esclusivamente pedonale, offre uno spaccato di vita quotidiana ancora fermo ai ritmi di epoche antiche: lavoratori artigianali, restauratori di mobili e strumenti musicali, alternati a botteghe e negozi di altri tempi, in un dedalo di vicoli e viuzze adornate da piante di ogni tipo disposte sapientemente tra un ingresso e l’altro, come vuole la tradizione della zona che si estende tra Pitigliano (Grosseto) e Ronciglione (Viterbo). Ci colpisce anche la familiarità e l’ospitalità dei residenti, sempre pronti a regalare un sorriso, a dare indicazioni utili e ad intrattenersi piacevolmente in un’atmosfera senza tempo: l’ideale per sentirsi veramente in un luogo a misura d’uomo e del resto il lago infonde sempre tranquillità “in automatico”, non potrebbe essere altrimenti. Domani dedicheremo la giornata al riposo assoluto godendoci l’ozio sul lago prima di rientrare alla base attraversando i paesi di Campagnano Romano, Morlupo e ripercorrendo a ritroso la Via Salaria in direzione Rieti. •