Vi portiamo in Valpolicella in camper. Un itinerario dentro la storia di uno dei vini più importanti d’Italia, l’Amarone: rosso prestigioso conosciuto in tutto il mondo, uno dei diamanti più splendenti dell’intero diadema enologico tricolore, che la tradizione vuole concepito per una dimenticanza in cantina.
Un errore di successo
Come tante storie di successo che punteggiano il cammino dell’umanità, è un errore a fare la differenza. In negativo e in positivo. Senza tirare in ballo i massimi sistemi, guardando al successo del vino Amarone, bisogna partire dall’errore che la tradizione sostiene sia alla base della sua nascita. E non stiamo parlando di una storia plurisecolare, per una volta abbiamo luogo e data di questo vino anche se, come spesso avviene, la realtà sfuma nella leggenda.
La storia
Siamo nella primavera del 1936 e nella Cantina sociale Valpolicella, in quegli anni ospitata ad Arbizzano di Valpolicella. Lì, il capo cantiniere Adelino Lucchese ritrovò una botte di vino Recioto dimenticata in un angolo. Assaggiatone il contenuto, scoprì che il vino dolce aveva lasciato il posto a un vino profondo e alcolico. Sull’onda dell’emozione, lui stesso lo ribattezzò Amarone. La prolungata fermentazione aveva ridotto il contenuto di zucchero e aumentato quello di alcol, mentre la permanenza in botte aveva lasciato traccia nei sentori di legno e nel colore carico. Gli altri presenti, assaggiato il vino, concordarono con Lucchese e il direttore della cantina decise di commercializzarlo proprio con il nome Amarone in etichetta. Fatto. Da allora la notorietà di questo vino crebbe tra gli appassionati, conquistati dal suo colore, dal bouquet dei suoi profumi e dall’incomparabile personalità che ha fatto proseliti ai quattro angoli del mondo.
L’itinerario
Siamo in Valpolicella, territorio dalla forte vocazione vinicola che copre la fascia pedemontana della provincia di Verona, dal Lago di Garda al vicentino. Viaggiare in camper tra questi territori, vallate e colline che formano una specie di “mano” aperta sulla pianura veneta, significa immergersi nel profondo della locale cultura enologica. Ma anche addentrarsi in un paesaggio fortemente trasformato dalla vite e dalla sua coltivazione. E che ha saputo mantenere vive le tradizioni secolari e le sue peculiarità, combinandole con la forte vocazione turistica che vede il vino come volano di attrazione. Muoversi on the road tra i saliscendi e le strade che tagliano i declivi offre l’opportunità di celebrare questo grande vino e i suoi produttori. Magari scoprirne di nuovi. E, perché no, prolungare questo piacere facendo scorta di bottiglie e riempiendo i gavoni con uno dei grandi rossi italiani che il mondo ci invidia.
Storia vinicola
La storia vinicola della Valpolicella è ben più antica dell’episodio citato avvenuto alla metà degli anni ’30. Di vini “amari”, parola usata per indicare quelle bottiglie in contrapposizione ai vini “dolci”, rimangono tracce su documenti risalenti al V secolo. Questi testi descrivono la tavola del re ostrogoto Teodorico bagnata da vino “recchiotto amaro”. Sono numerose le fonti che indicano compravendite e passaggi di proprietà di terre coltivate a vite lungo tutta la storia. Interessante l’editto del re longobardo Rotari che nel 643 introduce pene severe per il furto di uva o il danneggiamento dei vigneti. Una conferma dell’importanza di questa coltivazione per l’economia locale fin dall’epoca così antica.
Appassimento controllato
Dopo l’episodio della cantina sociale Valpolicella, solo nel 1968 i vini locali hanno ricevuto la protezione del marchio Doc e l’Amarone della Valpolicella ha ricevuto il primo disciplinare. Ossia ha una serie di paletti che ne hanno stabilito caratteristiche produttive sia in vigna che in cantina. Fondamentale per la realizzazione del vino Amarone della Valpolicella è l’appassimento dell’uva dopo la vendemmia. Un’operazione che serve per ridurre il contenuto di acqua. E, quindi, per concentrare gli zuccheri necessari a ottenere un grado alcolico più elevato nel prodotto finito. Nel passato le uve vendemmiate erano disposte in cassette di legno impilate nei fruttai per lasciare che l’aria le attraversasse e permettesse un appassimento lento, anche lungo 120 giorni, senza l’insorgenza di muffe e marcescenze. I fruttai avevano finestre che erano aperte e chiuse in base alle condizioni atmosferiche esterne per garantire un corretto ricambio d’aria senza ristagni di umidità. Erano il fulcro architettonico attorno al quale giravano tutte le attività di cantina.

Atmosfera unica
Visitare un fruttaio “storico” in attività significa addentrarsi in un’atmosfera unica, ricca di stimoli visivi e olfattivi indimenticabili. Qui la simbiosi del duro lavoro umano e dell’attività della Natura concorrono nella creazione di un equilibrio unico. Oggi i produttori di Amarone della Valpolicella, specialmente i grandi marchi, hanno innervato il processo di appassimento con la tecnologia. Hanno sostituito i fascinosi plateaux in legno o le arele con il cannucciato con la plastica, controllando il microclima interno con sistemi di condizionamento d’aria. Dopo l’appassimento, le uve sono pigiate e messe a fermentare per 30/50 giorni: al termine della fermentazione il residuo zuccherino massimo ammesso è di 1,1 grammi/litro. A questo punto l’Amarone è pronto per l’invecchiamento, come minimo di due anni. Ma si sa, siamo di fronte a un vino che regge lunghi passaggi in botte che ne amplificano caratteristiche e pregio. Alcuni produttori preferiscono le barriques, classiche botti in rovere da 225 litri di capacità. Altri hanno mastodontici tini in legno dai 18 ai 100 ettolitri. Botti impressionanti per dimensioni, tra le più grandi al mondo in uso: qui il vino matura anche per 10 anni, in queste cantine che sono un tempio dell’arte enologica.
I produttori
Oggi sono oltre 400 i produttori di Amarone. Ci sono aziende con un profilo quasi famigliare e grandi gruppi enologici. Il 65% delle bottiglie va all’estero, in particolare in Germania, Stati Uniti, Svizzera e Gran Bretagna. Ma seguendo le rotte della crescente passione internazionale per il vino anche in Estremo Oriente.
Enoturismo tra storia e architettura
Enoturismo a 360° quello che si può praticare in Valpolicella: l’Amarone (e i suoi cugini in bottiglia) è sullo sfondo di una moltitudine di attività da svolgersi con i piedi sotto la tavola e con le papille gustative sull’attenti. Ma anche camminando, pedalando, andando alla scoperta di vestigia storiche o meravigliandosi per le bellezze dell’architettura locale. Un mix così ben congegnato da permettere a tutti di trovare la dimensione corretta per la visita, tra le gradazioni di sportivo e gaudente. Sulla strada statale 12 del Brennero, che risale a destra il corso dell’Adige, si incontra Sant’Ambrogio di Valpolicella. Vera porta in ingresso per la zona, era già conosciuta in epoca romana, poi abitato dal popolo locale degli Arusnati e oggi erede del ricco corredo archeologico: la pieve longobardo romanica di San Giorgio è uno dei migliori esempi dell’intera provincia di Verona. Procedendo verso est, Fumane e la sua valle sono considerati il centro della Valpolicella vinicola. Le colline furono terrazzate con muretti a secco già in epoca antica e sono solcate da corsi d’acqua che hanno scavato le terre calcaree e hanno plasmato il territorio.

Bellezze naturalistiche e resti storici
Oltre alle onnipresenti cantine è possibile visitare il parco delle Cascate di Molina: i suoi salti d’acqua suggestivi punteggiano i boschi ed evocano un passato lontanissimo. Questi luoghi erano abitati già in epoca preistorica nelle grotte, ripari naturali per l’uomo di Neanderthal prima e per i Sapiens successivamente. Molto fotogenica la Villa della Torre, realizzata nel XVI secolo e immersa tra i vigneti: complesso architettonico unico con i suoi giardini pensili e i camini le cui aperture sono decorate a bocca di mostro. Domina il paese il Santuario della Madonna delle Salette, costruito nel 1860 dagli abitanti: era il ringraziamento alla Vergine per la salvezza da un’epidemia di peronospora che minacciava i vigneti e tutta l’economia locale legata alla viticoltura. Altra valle da percorrere inebriati dal paesaggio unico è quella di Marano: si va alla ricerca delle tracce di insediamenti di epoca preistorica e delle ville lasciate dalla dominazione veneziana, insieme a edifici di culto. Tra questi la Chiesa di San Marco al Pozzo del XIII secolo o la Chiesa di San Giorgio di Purano. A Negrar, bellezze naturalistiche e storiche si fondono in un mix irresistibile: nel paese, nella Villa Mosconi Bertani, si può visitare il luogo di nascita dell’Amarone, quello dell’errore del 1936. Proseguendo verso nord si giunge alla zona del Ponte di Veja con il suo arco naturale, ultimo residuo di un enorme complesso carsico franato: è molto importante sotto il profilo archeologico, visto il ritrovamento delle tracce di insediamenti umani antichissimi conservati in un museo paleontologico e preistorico.
Ville di Valpolicella
Sono oltre 80 le ville sparse per il territorio, complessi architettonici unici che contribuiscono a impreziosire il paesaggio. Spesso sono sedi di cantine e aziende vinicole e hanno cantine sotterranee monumentali ancora utilizzate per la maturazione dell’Amarone. Tra le più importanti: Villa Santa Sofia, progettata dal Palladio, Villa Rizzardi, Villa Giona e Villa Serego Alighieri, acquistata nel 1353 da Pietro Alighieri, figlio di Dante e tuttora sede dell’omonima azienda vinicola.
Carta di identità dell’Amarone
Uve: Le principali sono Corvina, Corvinone e Rondinella
Appassimento: Fino a 120 giorni. Le uve perdono il 40-50% del loro peso
Fermentazione: 40-60 giorni
Contenuto di alcol: Minimo 14°, oggi si trovano bottiglie da 17°
Maturazione in botte: Minimo 2 anni
Abbinamento: Selvaggina, carni saporite, brasati e arrosti con condimenti speziati, oppure formaggi stagionati.
Informazioni e soste
La Valpolicella si trova nella porzione settentrionale della provincia di Verona, si può dunque raggiungere dall’A4 Milano-Venezia uscita Verona Sud oppure lungo la A22 del Brennero uscita Verona Nord.
Area sosta Camper, Via Leonardo da Vinci 5, San Pietro In Cariano (VR).
Testo di Davide Bernieri.