Poeti, scrittori e artisti nel corso dei secoli hanno soggiornato in questo lembo ligure: qui, dove inizia il mare aperto, il paesaggio è fatto di scogli e ripide pareti che dai monti si tuffano in mare. Da sempre ispira opere d’arte, romanzi e versi immortali entrati nella storia. Chi ha una visione più prosaica della vita, magari improntata allo sport, troverà angoli suggestivi per praticare un trekking alla portata di tutti e pareti per arrampicate da brivido a picco sul mare.
Portovenere, l’isola Palmaria, l’isola del Tino, lo scoglio Tinetto, perle custodite nell’estremità occidentale del Golfo dei Poeti, in una parola: Golfo della Spezia. Dal 1997 sono Patrimonio Unesco dell’Umanità. Insieme fanno parte del Parco Naturale Regionale di Portovenere.
Si arriva dal centro di La Spezia prendendo Viale Fieschi. Dopo lo stadio A. Picco, all’incrocio si presenterà un’ardua scelta: davanti a noi la strada Litoranea che porta alle Cinque Terre, a sinistra la strada Napoleonica per Portovenere… È deciso: rimandiamo alla prossima volta la gita alle Cinque Terre e imbocchiamo la Napoleonica che attraversa le borgate marinare della costa “dei Pirati”.
Dopo il paese delle Grazie, detto anche la “Città dei palombari”, e la località Varignano, dove tra gli ulivi si celano i preziosi resti di una villa romana, si arriva al promontorio da cui inizia la dolce discesa per Portovenere. Conviene parcheggiare qui e scendere con la navetta o, meglio ancora, a piedi tramite scalinate che vi porteranno alle spiagge della località Ulivo, ammirando scorci panoramici sull’isola Palmaria e la Torre Scola, un fortino del XVII secolo che sorge su uno scoglio in mezzo al mare tra i vivai di muscoli, cioè le cozze… Ma guai a chiamarli così in presenza degli spezzini!
Le prime notizie certe di Portus Veneris risalgono al 161 d.C. quando venne citato nell’”Itinerario Marittimo” dell’imperatore Antonino come stazione navale delle triremi romane. Ma le origini del borgo di pescatori datano al VI sec. a.C.. Secondo la leggenda la dea Venere sarebbe nata qui dalla schiuma delle onde che si infrangono contro il grande scoglio dove oggi sorge la chiesetta di San Pietro.
Al borgo di Portovenere si accede da Piazza Bastreri attraverso la storica porta collegata alla cinta muraria del dominante Castello Doria e all’elegante Torre Capitolare del 1161. Vi attende il tipico caruggio ligure delimitato dalle facciate colorate delle case adornate con l’ardesia, negozietti con prodotti tipici e osterie. Alla fine del caruggio, la vista si apre sulla spianata acciottolata di piazza Spallanzani, dove anticamente sorgeva il “Castrum Vetus” pre-romano. E laggiù in fondo, maestosa non tanto per la sua grandezza quanto per la sua bellezza, la chiesa di San Pietro, unica nel suo genere. Un tutt’uno con lo scoglio sul quale sorge, incassata com’è tra rocce e imponenti blocchi di pietra che le fanno da base. Edificata nel 1256 in stile gotico-genovese a fasce bianche e nere, sorge sulle rovine di un antico tempio pagano dedicato alla dea Venere e su quelle di una successiva basilica paleocristiana di tipo siriaco, i cui nuclei originari sono ancora visibili all’interno.
Provate ad affacciarvi ad una delle finestre delle mura di cinta e respirate il salmastro. Poi attraversate la porta che reca la targa: “Siete arrivati in Grotta Byron”. Qui il poeta britannico Lord Byron trascorreva il suo tempo in cerca d’ispirazione per le sue opere. Il libeccio e lo scirocco agitano onde che in casi eccezionali hanno raggiunto e avvolto come in una nuvola la chiesa di San Pietro, ma durante l’ estate potete dedicarvi tranquillamente ai bagni e alle esplorazioni subacquee oppure a gite in canoa. Dal lato opposto, San Pietro è lambita da un braccio di mare detto “le bocche” dove l’andirivieni di imbarcazioni è continuo. Sul fondo delle bocche si stende una ricca e preziosa prateria di Posidonia che ospita pesci ago, molluschi, ricci, stelle marine e cavallucci. Si tratta di un’area sottoposta a tutela marina e se capitate in estate non perdete le “piscine naturali”, cioè giornate in cui le bocche vengono interdette alla navigazione permettendo ai bagnanti di nuotare liberamente fino all’isola Palmaria come in una grande piscina protetta in mare.
Prima di tornare indietro verso il paese guardate bene tra le rocce: vi sorprenderà trovare su un terrazzino un po’ appartato la statua di Madre Natura che guarda placidamente il mare infinito. E sì, qui hai fatto proprio un bel lavoro, cara Madre Natura!
Ora prendete la strada selciata che sale e arriverete alla chiesa di San Lorenzo, costruita in stile romanico nel 1098 dai genovesi su un preesistente tempio pagano dedicato a Giove. La chiesa è dedicata al culto della Madonna Bianca e il 17 agosto ha luogo la festa patronale che coinvolge per la sua spettacolarità, oltre a Portovenere, tutta la città di La Spezia: migliaia di candele illuminano nella notte il promontorio di San Pietro e grotta Byron.
Dalle scalinate raggiungete l’imponente Castello Doria, citato per la prima volta in un documento del 1240 ma la cui data esatta di costruzione rimane sconosciuta. Questa fortezza difensiva straordinariamente panoramica è costituita da due complessi a prima vista indistinguibili tra loro a causa delle alte mura: un blocco inferiore con la porta d’ingresso nel borgo e un blocco superiore costituito dalle strutture difensive del ‘500, dalla Sala ipostila e dalla Casa del Capitano. Tutt’intorno camminamenti, bastioni e garitte da cui ammirare San Pietro e grotta Byron e il sentiero che porta al Muzzerone, Campiglia e le Cinque Terre. Dalle mura del castello si raggiunge anche il temutissimo Salto del Diavolo, una terrazza naturale posta sopra una grotta alta 27 metri da cui tuffarsi in Grotta Byron… Ma questo lasciamolo fare ai cliff diver professionisti che utilizzano questo luogo per i campionati mondiali.
Dai “capitoli”, cioè le ripide scalinate coperte, che sembrano aprirsi la strada quasi a forza tra le case del borgo, si giunge in Calata Doria dove si affacciano le case-torri medievali della “palizzata” che, con i loro colori pastello, affascinano soprattutto arrivando via mare. Famose in tutto il mondo, queste case strette le une alle altre sono state concepite anticamente in funzione difensiva e fino al secolo scorso affondavano direttamente nel mare delle bocche di Portovenere. Oggi ci sono graziosi appartamenti ristrutturati mantenendo lo stile rustico-marinaro e le caratteristiche architettoniche originarie.
Da Calata Doria parte il servizio taxi-boat per raggiungere la verdissima e selvaggia isola Palmaria in una manciata di minuti
Palmaria: trekking per tutti
Due chilometri quadrati (quasi) di natura selvaggia. Un concentrato di paesaggi spettacolari, flora e fauna preziose, rovine di edifici storici militari per un trekking che si rivela piacevole e adatto a tutti.
L’Isola Palmaria, dalla forma vagamente triangolare, chiude l’estremità occidentale del Golfo dei Poeti. Milioni di anni fa tutto qui era unito: Portovenere, Palmaria, Tino e Tinetto costituivano un unico promontorio prima di separarsi in tanti pezzettini disposti in fila tra un braccio di mare e l’altro.
In inverno si giunge alla Palmaria con i traghetti che partono da Portovenere, mentre durante l’estate sono numerose le corse anche dal molo di La Spezia. L’isola presenta una grande varietà di paesaggi. Il lato rivolto verso Portovenere scende dolcemente a mare ricoperto da una rigogliosa macchia mediterranea e appare anche il più antropizzato. ”Antropizzato” è tuttavia una parola grossa, perché stiamo parlando di due stabilimenti balneari, qualche ristorante e una manciata di abitazioni. Il versante che si affaccia sul mare aperto è, invece, ripido e selvaggio con bianche scogliere verticali che presentano numerose grotte, ottime per le esplorazioni subacquee. Più a sud il paesaggio si fa quasi lunare a causa della presenza delle cave di marmo oggi in disuso. Un piccolo spazio dove però trovano dimora 500 specie di piante, da quelle tipiche della macchia mediterranea e le leccete ai pini marittimi, dal finocchio di mare vicino alle scogliere fino alla Iberide rossa, esclusiva dell’isola Palmaria. Questo poi è il regno dei gabbiani reali che nidificano soprattutto nella punta meridionale, ma anche dei cormorani, del falco pellegrino e del corvo imperiale. Vive qui il più piccolo dei gechi europei, presente in pochissimi altri siti liguri.
Il periplo dell’isola in sole tre ore
Dalla località Terrizzo, dove si attracca, parte il sentiero che consente di effettuare il giro dell’isola, una piacevole escursione di circa tre ore e mezzo affrontando un dislivello di quasi 200 metri con qualche deviazione tra i boschi interni.
Si prende a sinistra una stradina asfaltata con il segnavia bianco-rosso che sale dolcemente verso il versante che affaccia sul Golfo dei Poeti. Ad un tornante, abbandonate la strada asfaltata e prendete il sentiero. Proseguendo a sinistra arriverete alla fortezza Umberto I del 1887. La fortezza fu costruita secondo criteri difensivi fortemente innovativi per l’epoca ed era dotata di due cannoni Krupp da 400 mm, ossia con il maggior calibro per l’epoca. Questo tratto di sentiero viene chiamato “Strada dei Condannati” poiché negli anni ’50 la fortezza fu convertita a carcere. Oggi restaurata, è visitabile solo in occasioni speciali ed è anche location per matrimoni. Una scalinata vi collega ad una mulattiera che porta ai resti della batteria Albini, dismessa dopo la II° Guerra Mondiale. Continuando a costeggiare, passando sopra le spiagge di Cala della Fornace, si può prendere la deviazione a destra per raggiungere Casa del Roccio, ex stazione fotoelettrica e una delle terrazze naturali panoramiche più belle della zona, da cui è possibile ammirare il Golfo della Spezia e l’isola del Tino.
Si prosegue a mezza costa tra ulivi e muretti a secco, poi tra lecci fino al bivio da cui, imboccando una discesa, si arriva al Pozzale, località balneare dotata di attracco per i traghetti e di una cava abbandonata di marmo nero con striature dorate. Qui siamo nella punta dell’isola, il versante meridionale che guarda verso l’isola del Tino.
Il Tino è zona archeologica sottoposta a tutela per i resti di epoca romana e le rovine del cenobio medievale costruito in onore di San Venerio, nato nell’isola Palmaria, patrono del Golfo della Spezia e protettore dei fanalisti d’Italia, che qui visse in eremitaggio fino alla sua morte nel 630. Il Tino è di proprietà della Marina Militare ed è visitabile solo il 13 settembre in occasione della festa di San Venerio. Dietro il Tino si nasconde l’isolotto del Tinetto che conserva i resti di un piccolo oratorio del VI secolo, quelli di una chiesa a due navate con celle per i monaci del XI sec.. Pochi metri a sud del Tino, sulla sommità di uno scoglio semisommerso, un tempo pericoloso incubo dei diportisti, è stata posta una statua della Madonna Stella Maris di circa due metri.
Riprendiamo il nostro periplo con una salita che attraversa la zona più brulla della Palmaria. Tra panorami a non finire, il sentiero passa sopra il limitare delle ripide scogliere del lato occidentale. E, laddove le pareti verticali si gettano in mare, si apre la Grotta dei Colombi, sito molto importante per lo studio della storia spezzina e dell’isola: all’interno sono stare ritrovate ossa fossili di animali pleistocenici e sepolture umane, testimoniando una frequentazione della Palmaria che risale ad almeno 5000 anni fa.
Il sentiero si ricollega all’unica strada asfaltata dell’isola e da questo punto partono diverse varianti, una delle quali porta al pianoro del Semaforo, il punto più elevato dell’isola. Si tratta di una ex batteria semaforica che un tempo doveva regolare in via sperimentale il traffico navale; oggi è sede del Centro di Educazione Ambientale. Qui si trova anche il grande Forte Cavour (o Forte Palmaria) costruito a fine Ottocento per controllare il mare aperto. Oggi è quasi inghiottito dalla vegetazione, che è poi la stessa sorte toccata a numerosi bunker e a resti di postazioni di artiglieria sparsi su tutta l’isola. Si riprende il sentiero a destra, si prosegue per un breve tratto di mulattiera a picco sul mare oltrepassando la sottostante Grotta Azzurra, paradiso dei subacquei, fino ad incontrare un sentiero che scende a sinistra in modo impervio, forse quello in cui prestare più attenzione. Siamo ora di fronte a San Pietro di Portovenere. Scesi a mare, il sentiero continua costeggiando la spiaggia di scogli e ciottoli fino ad arrivare al punto di partenza, il Terrizzo.
Muzzerone: appigli sul mare
Falesie a picco sul mare, clima mite tutto l’anno e la cornice di una natura selvaggia e primordiale: alle spalle di Portovenere, il versante del Muzzerone è una META IMPERDIBILE
La scoperta del Muzzerone come luogo di arrampicata si deve alla Marina Militare che in questa città ha costruito l’arsenale e uno dei più importanti acquartieramenti. Furono gli incursori della caserma del Varignano delle Grazie nei primi anni ’70 ad iniziare a scalare queste falesie per l’addestramento militare. Alla fine di quel decennio, gli appassionati di alpinismo spezzini ne seguirono l’esempio, esplorando e chiodando nuove falesie e promuovendo il territorio con successo: oggi quest’area è meta di arrampicatori provenienti da tutto il mondo. Tra i protagonisti che hanno reso celebri le falesie del Muzzerone c’è Davide Battistella, uno degli alpinisti pionieri nella scalata di queste rocce. È istruttore nazionale di arrampicata libera del C.A.I. e di arrampicata sportiva e autore della guida specializzata “Muzzerone. Falesie e vie moderne a picco sul mare tra Porto Venere e le Cinque Terre” edizioni Versante Sud.
Le falesie sono situate sopra l’abitato di Portovenere, al limitare del Parco Nazionale delle Cinque Terre. Qui ripidi pilastri e bianche pareti calcaree precipitano a picco sul mare circondati da pini marittimi e dalla tipica vegetazione mediterranea. Un luogo di straordinaria bellezza con un valore aggiunto: gli itinerari di arrampicata sportiva in un contesto unico e suggestivo. Gabbiani, corvi imperiali e falchi accompagnano i free climber con le loro evoluzioni.
Davide Battistella ci racconta che arrampicare al Muzzerone è un po’ come essere su un’isola deserta: pochi sono i segni della presenza dell’uomo e questo rende il luogo ideale per chi si vuole guardare attorno e godere del paesaggio. Perché scalare qui non è solo un gesto atletico ma anche amore per la natura.
In queste falesie il clima è molto propizio per l’arrampicata, praticabile tutto l’anno. Le falesie sono esposte a ovest, quindi ottimamente riparate dai gelidi venti settentrionali, mentre d’estate si può arrampicare piuttosto bene la mattina o con il fresco mistral pomeridiano evitando le ore più calde.
Sono 26 i settori di arrampicata raggiungibili tramite sentieri tortuosi o ferrate, con itinerari di una lunghezza di corda come la Parete centrale o la Poveriera. Ci sono inoltre itinerari lunghi fino a 200 metri quali il famoso Pilastro del Bunker e la selvaggia parete striata, fino ad arrivare allo Specchio di Atlantide dove si affronta l’alta difficoltà di un ambiente veramente impressionante. Si tratta di una lavagna di calcare liscio a strapiombo sul mare dove sono state tracciate alcune tra le vie più difficili d’Europa come la No Siesta, di difficoltà 8b, una delle vie più fotografate persino dalle riviste specializzate americane.
Blu Verticale Muzzerone
L’Associazione sportiva Blu Verticale è stata fondata nel 2008 con l’obiettivo di promuovere l’arrampicata e altre attività outdoor all’interno delle aree protette del Parco naturale di Porto Venere che ha dichiarato questa palestra di roccia una Riserva Naturale Integrale. L’Associazione, affiliata alla F.A.S.I. (Federazione Arrampicata Sportiva Italiana), organizza corsi di arrampicata sportiva rivolti a principianti che intendono tentare i primi passi nella dimensione verticale, ma anche ad arrampicatori esperti che desiderano migliorare la propria tecnica. I corsi, singoli o collettivi, sono tenuti da Guide Alpine. Si organizzano anche giochi-arrampicata per bambini e altre attività outdoor come trekking, percorsi avventura, canyoning, percorsi fotografici.
Il Posto Giusto
Rifugio Muzzerone
Ideale per soddisfare la voglia di mare e monti allo stesso tempo, il Rifugio Muzzerone offre ospitalità e ristoro agli appassionati di sport en plein air praticabili in zona: arrampicata, trekking e sea. La struttura in pietra, che si integra perfettamente al paesaggio naturale in cui è immersa, è dotata di 11 posti letto e di un ristorante in cui gustare la tipica cucina ligure, piatti semplici e genuini come acciughe, frittelle di baccalà, spaghetti con i muscoli, dolci fatti in casa. Il tutto deliziati da un panorama spettacolare grazie alla vista dell’isola Palmaria, del Golfo dei Poeti, della costa toscana e delle Apuane. Nella sala comune ci si può rilassare con giochi da tavolo, leggere libri davanti al caminetto oppure gustare i liquori prodotti dai gestori. Dal Rifugio si può partire per piacevoli escursioni trekking: con il sentiero CAI n.1 si può raggiungere Riomaggiore oppure si può scendere a Portovenere. Si arriva al rifugio solo a piedi: sempre con il sentiero CAI n.1 che parte da Piazza Bastreri a Portovenere, oppure con il sentiero pianeggiante che parte dal parcheggio della strada che conduce alla Palestra di Arrampicata del Muzzerone. Apertura annuale, animali ammessi.
Gestore Sig. Ettore, Cell. 340 8098720
info@rifugiomuzzerone.it
Anciùa
La certezza di un buon street food a Portovenere ha un nome, Anciùa, che nel dialetto locale significa “acciuga”. Il localino, situato nel caruggio centrale del borgo, offre una sfiziosa cucina da passeggio: panini imbottiti di specialità liguri e spezzine, assaggi di piatti tipici della cucina locale, torte di erbi, sgabei (strisce di pasta di pane fritte), acciughe cucinate in svariati modi, fritturine nel cartoccio, spiedini di muscoli, focacce. Se non riuscite a trovare posto all’interno del locale, piacevolmente arredato con reti da pesca e pesciolini, scendete il “I° capitolo”, ossia la scalinata che trovate praticamente di fronte, e andate a mangiare seduti sugli scogli in riva al mare delle bocche di Portovenere. Goduria assicurata!
Cell. 331 771 9605
Via Cappellini 40, Portovenere