Vicoli suggestivi e mura etrusche, ottima tavola e palazzi medievali. E poi chiese, pievi e una natura sorprendentemente varia. Molti gli itinerari per una città dal cuore di alabastro e le radici di argilla, che ha ispirato moltissimi scrittori, da Gabriele D’Annunzio a David Herbert Lawrence, passando per i vampiri di Stephenie Meyer. Un viaggio perfetto in qualsiasi stagione.
“Isabella forse in quell’ora viaggiava per Volterra, a traverso le crete della Valdera, a traverso le biancane sterili; vedeva di là dalla collina gessosa riapparire all’improvviso su la sommità del monte come su l’orlo d’un girone dantesco il lungo lineamento murato e turrito, la città di vento e di macigno”: un viaggio nel viaggio quello che conduce a Volterra, un’emozione che, come nelle parole di Gabriele D’Annunzio, si svela e amplifica a ogni curva, tornante, collina. Fino a quando si palesa maestosa ed enigmatica l’etrusca Velathri, la romana Volaterrae, la medievale Volterra.
Celebre per la lavorazione dell’alabastro almeno quanto per la miriade di opere d’arte e architettura che custodisce, il comune di 10.000 abitanti è una meta imprescindibile per chi desidera assaporare pienamente i piaceri che la Toscana sa offrire. Se a ciò si aggiunge la buona ospitalità data a chi si sposta in camper, ecco che questa perla del Pisano, situata tra la Val di Cecina e la Val d’Era, diviene luogo ideale per un fine settimana o perfetta tappa lungo un itinerario più articolato. La sua posizione risulta infatti strategica per visitare il territorio circostante senza grandi spostamenti: Firenze dista 70 chilometri, Siena 47, Pisa 63 e la turrita San Gimignano solo 29 chilometri.
Una meta, molti itinerari
Potete decidere di visitare prima di tutto la cattedrale e le molte chiese. Ma perché non iniziare dalle mura etrusche o… dai vampiri?
Un’unica “ricetta” per andare alla scoperta di Volterra non c’è, dipende tutto dal tipo di viaggiatore che siete. Certo è che l’atmosfera che si respira è quella di un Duecento piuttosto austero, soprattutto se si passeggia nel quadrivio dei Buonparenti, in via Matteotti o in via Ricciarelli, dove sorge la maggior parte di case-torri, imponenti e suggestivi edifici caratteristici della cittadina.
Per dare inizio alla scoperta di questo gioiello toscano si può anche decidere di incamminarsi, guida alla mano, alla volta delle innumerevoli chiese e pievi della diocesi (se ne contano oltre una trentina): in tal caso sarà bene cominciare, per una questione di rispetto, dal duomo romanico, che tuttavia cela al suo interno tracce del tardo Rinascimento e un restauro che data Ottocento. Accanto alla facciata svetta poi il campanile quattrocentesco. Converrà poi visitare il duecentesco battistero di San Giovanni, che nella sua perfezione nulla concede ad eventuali variazioni su tema: ha pianta ottagonale, cupola, bicromia di marmi bianchi e verdi, tipici di queste terre.
C’è chi invece preferisce muoversi con ordine, dando il via all’itinerario a partire dalla cinta muraria, realizzata a partire dal III secolo a.C. e rimaneggiata nel tempo. Lungo il perimetro si incontra l’etrusca Porta dell’Arco, risalente al II secolo a.C.: perfettamente conservata, fu modificata durante il periodo medievale, quando la cittadina si conquistò lo status di “libero comune”. Tre teste scolpite nella pietra osservano gli avventori: si tratterebbe di Giove, Castore e Polluce, oppure di Tinia, Uni e Minerva, divinità ora romane ora etrusche. Ma vi è chi sostiene che le tre figure siano un retaggio dell’antica usanza orientale di esporre all’ingresso della città le teste mozzate dei nemici…
Va detto che il valore storico-artistico di Porta dell’Arco è dato non solo dalla sua magnificenza, ma anche dal fatto che, in seguito alla sottomissione a Roma, i suoi maestosi blocchi di tufo furono tra i pochi a non essere toccati, subendo una sorte assai diversa rispetto all’altro ingresso coevo, Porta Diana, che conduce alla necropoli ellenistica e guarda la Val d’Elsa conservando del suo passato soltanto gli stipiti. Proseguendo lungo le mura, gli altri ingressi alla città sono tutti medievali, come Porta San Francesco, Porta di Docciola o Porta Fiorentina, per citarne solo alcuni. In particolare, Porta di Docciola si apre sull’omonima fonte, risalente a metà duecento. Utilizzata nei secoli come lavatoio pubblico, la fonte è formata da due archi che incorniciano una grande vasca; nei pressi è situata un’area di sosta per camper, forse un po’ troppo rumorosa.
Dalla “periferia”, passeggiando lungo i vicoli stretti e sormontati da arcate, si arriva al centro storico, con l’inconfondibile Palazzo dei Priori, nell’omonima piazza. Il palazzo ha risentito pesantemente del terremoto del 1846, ma non ha perso il suo suggestivo impatto visivo e artistico. Si tratta del più antico edificio di epoca comunale della Toscana, voluto all’inizio del Duecento dal conte Ildebrando Pannocchieschi. Le terrecotte smaltate della facciata, con gli stemmi di numerose famiglie fiorentine, ricordano i tempi in cui Volterra entrò nell’orbita della signoria del Giglio. Per saltare bruscamente dal “sacro” al “profano”, gli appassionati di letteratura horror non possono esimersi dal visitare gli interni del Palazzo (scrigno, per altro, di notevoli opere d’arte): qui sono stati ambientati numerosi passaggi di “New Moon”, seguito di “Twilight”, entrambi romanzi di Stephenie Meyer dove a farla da padroni sono i Volturi, antica famiglia di vampiri che di Volterra ha fatto la sua patria.
I piaceri della tavola
Primo passo scegliere bene l’oste, poi abbandonarsi ai sapori autunnali che questa terra offre.
Che si sia scelto di andare per chiese o per mura, è giunta inevitabilmente l’ora di sedersi a tavola. Nel centro storico i ristoranti non mancano: il passo più difficile, come spesso accade in questi casi, è forse barcamenarsi tra quelli che espongono il classico menù turistico, le osterie che emanano falsa aria di autenticità e le trattorie dalle cui cucine si sprigionano profumi realmente invitanti, preludio a un sapido pasto della vera tradizione locale. I piatti sanno della fragranza dei boschi e dei funghi porcini, mentre l’aroma intenso della selvaggina si sposa ai corposi bouquet dei vini toscani. Una possibile alternativa è acquistare direttamente i prodotti della gastronomia tipica, consumandoli poi con tutta calma in camper o all’aperto, davanti a panorami che ben si coniugano ai sapori di Volterra. Ma non va scordato che a volte anche l’incontro con un oste capace di narrare gli aneddoti del luogo è un ottimo companatico…
Fortezze e teatri
I signori di Firenze qui si sono fatti sentire, almeno quanto gli attori che recitavano Plauto.
Ristorati con gran soddisfazione non resta che rimettersi in marcia: la Fortezza medicea merita certamente di essere visitata. Due fortificazioni, collegate da una cinta muraria, narrano tutta la potenza dei signori di Firenze. Delle due rocche, la più antica ha pianta semiellittica, mentre la “rocca nuova”, edificata per volontà di Lorenzo il Magnifico, sorprende per la sua possanza. La fortezza poi ha il pregio di essere al margine del parco “Enrico Fiumi”, curatissima ed estesa zona verde proprio nel centro cittadino, che custodisce un’interessante area archeologica etrusca.
Facendo poi un salto indietro di circa 1500 anni, in località Vallebuona ma ormai addossato alle mura cittadine, si trova il teatro romano, realizzato nel I secolo a.C. secondo i canoni dei teatri greci (che sfruttano la conformazione ideale del terreno). Dopo quattro secoli, con il declino dell’impero romano, il teatro fu abbandonato e si trasformò in impianto termale. Negli anni Cinquanta del secolo scorso fu riportato alla luce e oggi è uno dei molti tesori custoditi da Volterra.
Radici lontane
Dall’acropoli si guarda indietro fino alla preistoria, ma si dominano anche il Tirreno e gli Appennini.
Dimenticare il passato ellenistico di Volterra sarebbe un grave errore. Scordarsi che la storia di questa città di pietra ha anche radici nella preistoria, tronchi nell’età etrusca e rami nel Medioevo sarebbe anche peggio. Per abbracciare oltre duemila anni con un solo colpo d’occhio l’ideale dunque è visitare l’acropoli, in località Piano di Castello. Le stratificazioni riportate alla luce con gli scavi vanno infatti dalla preistoria fino al XV secolo. Resti di templi, strade, abitazioni dei primi secoli dopo Cristo, si alternano ad acquedotti romani e torri medievali. E se non bastasse, da qui si gode di una vista che va dagli Appennini al Mar Tirreno.
Shopping di tenera pietra
Nella patria dell’alabastro, fare acquisti diventa un obbligo molto piacevole.
Scriveva David Herbert Lawrence, autore di quel capolavoro dell’eros che è “L’amante di Lady Chatterley”: “Ci incamminammo per i vicoli stretti e tetri che sembravano quasi addossarsi l’un l’altro e demmo un’occhiata ai laboratori dell’alabastro, dove gli operai, con il cattivo umore e la sonnolenza del lunedì mattina, stavano tornendo, tagliando e lucidando il tenero alabastro”. Oggi delle sue parole rimarrebbero forse soltanto i vicoli stretti, sicuramente meno i laboratori artigiani, ma certo è che Volterra è nota nel mondo per la lavorazione di questa pietra unica nel suo genere e già utilizzata largamente dagli Egizi. L’artigianato in alabastro, nella sua versione “gessosa” (solfato di calcio idrato), è il fiore all’occhiello della cittadina. Così, mentre Volterra è edificata quasi interamente in “panchino”, una pietra giallo-grigia che spesso cela conchiglie e regali del mare, l’economia ruota anche attorno all’altra pietra, che potrebbe aver preso il nome dalla città egizia di Alabastron. Malleabile, bianco, trasparente, questo tesoro naturale si presta a infinite variazioni creative: decorazioni raffinate, volti umani, vasi, scacchiere e, nei secoli passati, persino le vetrate delle case nobili. Sono trascorsi oltre duemila anni da quando gli Etruschi ne iniziarono la lavorazione, ma ancora oggi, dopo una pausa nel Medioevo, l’alabastro è una pietra che sa affascinare.
Nel centro storico poche sono le botteghe rimaste e la lavorazione si è fatta via via più industriale, ma si tratta pur sempre di prodotti dall’elevato valore artistico e tornare a casa senza aver acquistato un ricordo di morbida pietra suona quasi un’eresia.
Balze, biancane e calanchi
E per finire, una gita nei dintorni svela paesaggi quasi lunari immersi nel verde dei boschi.
Appagati tutti i sensi, prima di rimettersi sulla via di casa vale la pena lasciarsi guidare dalla magnificenza dei paesaggi che fanno da cornice a Volterra. Gli itinerari possibili, anche in questo caso, sono molti. Certamente valido è quello alla scoperta delle biancane e delle Balze, fenomeni naturali capaci di creare una policromia nel paesaggio circostante rara altrove. Dirigendosi da Volterra verso Montecatini Val di Cecina e percorrendo un anello che, volendo, riporta alla partenza, sulla destra si apre una voragine quasi dantesca: è quella delle Balze, affacciate sul bacino argilloso che connota la Val D’Era. Un fenomeno maestoso dovuto all’erosione delle acque le quali, infiltrandosi nel terreno collinare, trascinano via l’argilla e lasciano sprofondare la sabbia e la pietra arena. Tra colline, campi destinati alla pastorizia, boschi a perdita d’occhio, la natura qui ha creato fenomeni geomorfici unici. Le argille franate, ma anche le morbide cupole delle biancane o i calanchi taglienti dipingono un panorama capace di sorprendere ed emozionare. Non è raro poi incappare lungo la strada in un laboratorio di alabastro, in una pieve, in un borgo meritevole di visita. Risalendo verso la nostra meta principale è d’obbligo infine recarsi alla Badia Camaldolese (sec. XI) da cui si gode un panorama a perdita d’occhio che abbraccia la severa e generosa Volterra. Per non scordarla più.
Cosa mangiare
Il profumo del sottobosco preannuncia in tavola una grande varietà di funghi ed eccezionali tartufi bianchi, ideali per arricchire primi piatti e secondi di grande struttura. Oltre alla zuppa volterrana o alla trippa, da non perdere sono le pappardelle, preparate ad arte e servite con sughi di selvaggina. Quelle alla lepre sono un classico. Si prosegue con il cinghiale, da provare in salmì, e con le altre carni, come quelle di pecora o gli spiedi di arrosti misti. Altri piatti forti sono salsicce e fagioli o la panzanella, piatto povero dai sapori decisi della tradizione toscana, che abbina al pane raffermo i profumi dell’orto. Menzione particolare per i formaggi, presenti in gran varietà e stagionatura, le ricotte e, naturalmente, i salumi. A nobilitare ancor più le pietanze, olio d’oliva extravergine di altissimo livello e corposi vini aristocratici, soprattutto neri. Per chiudere con dolcezza, immancabili i cantucci serviti con il Vin Santo, anche se davvero tipici di Volterra e dei dintorni sono gli “ossi di morto”, biscotti secchi di marzapane o pasta frolla con mandorle, nocciole o pinoli, e il panforte alla maniera etrusca.
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Da vedere
La città è già di per sé un museo all’aperto, ma vale la pena visitare anche il Museo etrusco Guarnacci, uno dei più antichi musei pubblici d’Europa, che raccoglie reperti pregiati di oltre duemila anni fa e bene illustra le radici dell’antica Velathri. La Pinacoteca, situata all’interno di Palazzo Minucci Solaini, nella centralissima via dei Sarti, custodisce poi opere d’arte di elevato pregio, per lo più risalenti ai periodi medievale, rinascimentale e manieristico. Qui si può infatti ammirare la celeberrima “Deposizione del Cristo morto” del Rosso Fiorentino, ma anche la maestosa pala del “Cristo in gloria”, commissionata al Ghirlandaio da Lorenzo de’ Medici per la Badia di San Giusto. Due le opere di Luca Signorelli che trovano posto nella pinacoteca: una magistrale annunciazione e una Madonna con bambino e Santi. Tra i vari capolavori che non è possibile elencare interamente in questa sede va ricordata la presenza anche di opere di scuola fiamminga, che grande influenza ebbe in toscana per l’uso del colore a olio e della luce. Altro scrigno artistico è il Museo di Arte sacra. Sempre restando in ambito museale, ma cambiando registro, da non perdere sono l’Ecomuseo dell’alabastro (sempre in via Sarti, accanto alla pinacoteca) e, per chi ama il genere, il Museo della Tortura. Passeggiando per la città già si sono inevitabilmente incontrate le caratteristiche case-torri: quelle più celebri sono la Allegretti, la Minacci, la Buonaguidi, la Toscano, la Buonparenti e la casa-torre dello Sbarba. Subito fuori da Porta San Felice, invece, si trovano le Terme guarnacciane, risalenti probabilmente al III secolo d.C.; si possono riconoscere ancora la fornace per il riscaldamento (ipocaustum), il frigidarium, il tepidarium, il calidarium e il sudatorium. Nei dintorni merita una breve deviazione la Villa di Spedaletto, in località omonima nel comune di Lajatico. Fatta edificare da Lorenzo il Magnifico fu una delle sue residenze preferite per i soggiorni fuori da Firenze. Alla morte del signore del Giglio, fu venduta dal figlio Piero il Fatuo ai Cybo Malaspina per poi passare, nel Seicento, ai Corsini, attuali proprietari il cui stemma araldico spicca sulla facciata.
Come arrivare
Per chi arriva da Nord, si percorre l’autostrada A1, uscendo a Firenze-Certosa e imboccando la superstrada per Siena; uscendo a Colle Val D’Elsa-Poggibonsi, si prosegue sulla SS68 fino a destinazione. Da Sud, sempre l’A1 in direzione Firenze e uscita a Siena, dove si imbocca la SS326 verso Siena; in prossimità di Siena prendere la superstrada verso Firenze, uscire a Colle Val D’Elsa-Staggia e proseguire sulla SS68 fino a Volterra. Per chi invece arriva da Genova o La Spezia, A12 per Livorno, con uscita a Pisa, per poi imboccare la superstrada per Firenze e uscire a Ponsacco-Pontedera, proseguendo sulla SS439 fino a Volterra.
Informazioni
Ufficio turistico di Volterra: www.volterratur.it