Signori si nasce… Van Driver si diventa

Van Driver o cafoni itineranti? Il “fair play” di chi sa stare al mondo, il culto dell’ospitalità, data e ricevuta, la fratellanza del popolo nomade sono qualità che ogni viaggiatore di strada dovrebbe avere nel DNA… Insieme a una bella dose di faccia tosta per cavarsi di impaccio dalle situazioni più imbarazzanti!

L’idea, quando in redazione abbiamo pianificato questo articolo, era di stilare una sorta di galateo del Van Driver, le buone maniere, cosa fare e cosa non fare mai. In realtà non esistono delle norme particolari che si discostano troppo dalla buona educazione che, per alcuni di più e per altri di meno, regola i nostri rapporti con gli altri. Semmai possiamo parlare di “buone pratiche”, che si acquisiscono con l’esperienza unica che il viaggio in van o in camper e più in generale lo stile globetrotter ti sanno regalare. Su questo, credo, siamo tutti d’accordo: le avventure che ti capitano quando si viaggia fuori dagli schemi sono uniche e irripetibili. E la cosa meravigliosa è che nel ruolo di attori protagonisti ci siamo noi e i nostri compagni di viaggio. Sono sicuro… se adesso fossimo insieme intorno al fuoco su una spiaggia o sulla riva di un fiume con una bela scorta di birre fresche ognuno avrebbe da raccontare la sua. In attesa di quel momento dico la mia.

Lupus in fabula

Non so se vi succede la stessa cosa, ma dopo tanti anni di girovagare, affronto anche le situazioni più complesse con maggiore sicurezza, mai panico, a tutto c’è una soluzione.

Vi racconto l’ultima, fresca fresca. Cercavo un posticino per passare una serata selvaggia in van nella bergamasca. L’idea era di piazzarmi in una radura in un bosco, godermi la stellata dopo le generose piogge di inizio maggio. Prima regola, fidarsi dell’istinto nel cercare il posto. Seconda regola, controllare con Google Maps se l’istinto non ti stia giocando un tiro mancino. Ecco, ho saltato a piè pari la seconda regola. Per farla breve ho imboccato una stretta strada in discesa con fondo in cemento ignorando un generico cartello “strada pericolosa”. Da un lato le rocce, dall’altra il burrone. Dopo un centinaio di metri anche il mio istinto si sveglia e mi suggerisce di tornare indietro.

Nessun problema, mi dico, appena trovo un minimo spiazzo di manovra inverto la marcia. Del resto, nell’ipotesi che qui ci arrivino solo i forestali, anche loro dovranno ben girare da qualche parte. Passo davanti a un cancello chiuso a chiave che dà accesso a un fondo agricolo.

Capisco che è lì dentro che si può girare ma non voglio ancora crederci. Cresce la pendenza della discesa e intanto aumenta la distanza dall’imbocco della strada, forse un chilometro, ma che importanza ha? Di sicuro non posso tornare in retromarcia. Ma al peggio non c’è fine e al fondo in cemento della ripida stradella si sostituisce il fango dello sterrato. Fermi tutti, proseguo a piedi ma, a questo punto, dubito, anche potendo girarmi, di riuscire a risalire. La strada finisce poco dopo tra alberi e rovi… Sono fregato. Lascio tutto e ripercorro la strada a piedi pensando a che tipo di aiuto chiedere, di sicuro non un comune carro attrezzi… Forse un elicottero? Vaneggio cercando di non perdere il buon umore e ripassando davanti al cancello chiuso sento odore di fumo di legna.

Un fuoco? Forse una casa? Decido e scavalco il cancello entrando nel fondo privato. Seguo nel prato le tracce lasciate dagli pneumatici di un veicolo e arrivo a una casupola di pietra, il caminetto fuma e due cani pastore mi vengono incontro abbaiando minacciosi. Ecco, adesso sono davvero fregato. Non sono bravo con i cani ma il buon karma mi aiuta ed esce il padrone di casa, una specie di incrocio tra la versione cattiva del nonno di Heidi e Dinamite Bla, manca solo la doppietta imbracciata per completare la scenetta, sicuramente è pronta e già carica dietro la porta.

Sfodero il più bel sorriso di circostanza, gli spiego la situazione e chiedo se per caso ha un trattore (lo ha, lo vedo dietro la casa). Mi risponde in dialetto strettissimo, capisco una parola su dieci. Brutto segno, non vuole dialogare. In questi casi, occorre far capire che non sei il solito milanese rompiballe che non sa nemmeno guidare. Vedo la stalla delle pecore e comincio a chiedere se anche lì hanno problemi con i lupi. Gli si illumina il volto, urla, ma stavolta non ce l’ha con me bensì con i Verdi, la Forestale, il Comune, la Provincia, la Regione e, naturalmente, con il Governo. Do spago alla miccia e dico cose contro i lupi di cui non vado fiero e, soprattutto, che non penso affatto. Ma è il lupo stesso a insegnarci a essere opportunisti e a ottimizzare ogni situazione. Di lì a poco siamo sul trattore da boscaiolo con tanto di verricello, 40 metri di cavo d’acciaio con il quale pazientemente riusciamo, un pezzo alla volta, a tirare su il van (sì, in retromarcia, maledizione) fino all’ingresso della fattoria. Gli offro del denaro ma non lo vuole. Grazie, lupi, vi devo la vita.

La morale della storiella è che, quando si viaggia, occorre essere camaleontici e cercare di assomigliare ai nostri interlocutori, specie se sono loro a doverci cavare fuori dai guai. Adoro i lupi ma il mio “amico” aveva un problema oggettivo con questi predatori e averlo compreso mi ha messo in sintonia con lui, tanto che non solo non mi ha sparato, ma mi ha anche aiutato!

Dire la cosa sbagliata… al momento sbagliato!

Converrete con me che il detto antico “A Roma fa come i romani” è la prima regola per i viaggiatori che hanno voglia di interagire con le differenti culture che incontrano. Del resto mettetevi nei panni di chi vive fuori dai circuiti turistici e vede arrivare uno, due, tre equipaggi che si fermano per la notte. Magari nei pressi di una casa isolata. Probabile che chi vive in quella casa si chieda quanto meno: “E questi chi diavolo sono?”.

Non evitiamo il contatto interpersonale e diamo spiegazioni anche non richieste, soprattutto sottolineando che il giorno dopo saremo solo un ricordo.Non sempre funziona però. Una volta, in provincia di Treviso, ci eravamo fermati in uno spiazzo tranquillo non lontano da un villaggetto residenziale. Un abitante dal modo un po’ astioso si accosta con la macchina e in breve ci avvisa di non avvicinarci troppo alle villette perché lì hanno avuto la visita dei ladri e hanno già sparato… Mi scappa una battuta infelice: “Vuol dire che nel caso risponderemo al fuoco!”. Non l’ha presa bene e pochi minuti dopo mezza stazione dei carabinieri si è aggiunta al nostro bivacco. Totale, ce ne siamo dovuti andare. Peccato, però la battuta era riuscita bene e abbiamo riso tutti.

Salvate il turista scemo

Viaggiando all’estero ognuno porta con se il bagaglio degli stereotipi nazionali, di solito quelli più squalificanti, italiani spaghetti e casinari, tedeschi rigidi e antipatici, inglesi puzzoni e non si lavano, francesi che non hanno il bidet, e tutta una serie infinita di fesserie che tutti i viaggiatori aperti al mondo hanno avuto modo di smontare incontrando e fraternizzando con altri viaggiatori o con la gente del luogo. A volte però sono proprio gli stereotipi ad aiutarci. Parecchi anni fa ho fatto da driver in fuoristrada per un viaggio organizzato in Libia, prima che quello sciagurato paese finisse nel caos politico seguito alla soppressione di Gheddafi.

Viaggiavamo sulle piste nel deserto e dormivamo in tenda. Con noi una guida libica, un tuareg, che il governo di Tripoli ti metteva alle costole per guidare e sorvegliare gli ospiti. Stavamo percorrendo un tratto di pista al confine con l’Algeria, Paese che in quegli anni aveva seri problemi con scorrerie di terroristi fondamentalisti che assaltavano i villaggi. L’esercito algerino, da parte sua, non risparmiava piombo quando li trovava e così, a volte, i terroristi cercavano rifugio in territorio libico. Gheddafi, per contrastare l’arrivo di questi turisti indesiderati aveva fatto piazzare lungo il confine delle sentinelle con mitragliatrice con l’ordine di sparare contro tutto quello che dall’Algeria correva verso il confine libico. Abbiamo avuto modo di conoscerli. Quelli incontrati sul nostro cammino erano tre soldati dotati di un fuoristrada scassato, un bidone d’acqua, una baracca due metri per due, e la mitragliatrice sul treppiede in una buca orlata di sacchi di sabbia. Lontanissimi da tutto, isolati… Un incarico punitivo, riservato alla feccia della feccia. Non bisogna essere dei geni per capire che da un drappello del genere è meglio stare alla larga e la nostra guida non ha mancato di suggerircelo. Per una qualche ragione uno dei turisti che stavamo accompagnando si è fermato per andare a vedere il ”fortino”. Brivido: il mio primo pensiero è stato: “Be’, se è così scemo merita di morire”. Il piano invece è stato di andare tutti verso il drappello, guida libica alla testa per i rituali salamelecchi e a chiedere se avevano bisogno di qualcosa, cibo, sigarette e altri generi di conforto. “Italiani? Paolo Rossi, Altobelli, Zoff…” Respiro di sollievo, è andata, l’Italia degli Azzurri ci ha salvato.

Se fosse successo oggi, con due squalifiche consecutive ai Mondiali, anziché prepararci il tradizionale tè, avrebbero girato la mitragliatrice verso il nostro gruppo… e comunque abbiamo regalato loro la scorta di sigarette del tizio imprudente e un pezzo di parmigiano, altro marchio di fabbrica riconosciuto e apprezzato… anche tra le dune del Sahara.

Adesso ti sfondo i bonghi

A proposito di buone norme di comportamento, ce ne sono anche tra equipaggi che non si conoscono. Una che spesso non viene rispettata è quella della distanza “dal mio cortile”. Nei luoghi più frequentati, specie in estate e se si decide per la sosta libera, non è sempre facile trovare una piazzola tutta per noi.

Diciamo la verità, anche l’idea di dormire con qualche equipaggio vicino non è così spiacevole e poi è un’occasione in più per socializzare se ne abbiamo entrambi voglia. Se lo spazio lo consente, diamo aria in modo da non doversi giustificare al mattino se si è russato troppo forte o essere in imbarazzo se, Dio lo volesse, avessimo copulato con il/la partner. Nel caso gli spazi siano ristretti è buona creanza all’arrivo chiedere se si disturba e giustificarsi con il fatto che non si è trovato altro posto. Lo so, non è un obbligo, ma sono le piccole attenzioni a rendere migliore questo mondo.

Restiamo nel campo dei buoni rapporti di vicinato. Una cosa che personalmente trovo davvero odiosa è l’imposizione della propria play list di brani preferiti sparata a palla dallo stereo come segno di demarcazione del territorio. Se poi i gusti del vicino non corrispondono ai miei, la faccenda diventa davvero insopportabile. Molto meglio se il vicino strimpella e arpeggia la chitarra, qualunque cosa suoni, la chitarra acustica ha un volume che non dà fastidio; non è così quando ci si attacca a bonghi e alla grande famiglia delle percussioni… Mi è successo poche volte per la verità di dover discutere in questi termini.

Ma una volta, in Grecia, avevo trovato un angolo davvero delizioso, all’ombra della macchia, praticamente sulla spiaggia e con una fonte di acqua potabile a nemmeno 100 metri. Avrei potuto restar lì per sempre se fosse stato per me. Il paradiso è diventato un piccolo inferno con l’arrivo del camper scassatissimo di tre simpatici giovani connazionali che passavano la giornata a fare i giocolieri, poi la sera si ammazzavano di canne e attaccavano coi tamburi. Come ho risolto? Li ho presi per la sete, non gli ho detto dell’acqua (io mi rifornivo al mattino presto mentre loro dormivano) e dopo due giorni hanno finito le scorte e sono dovuti andare a cercarla. Erano talmente fatti che non si sono nemmeno chiesti come facevamo io e la mia famiglia ad avere una scorta infinita. Nel frattempo al loro posto è arrivata una famigliola greca molto più convenzionale ma civile con la loro tenda e il loro barbecue, attorno al quale eravamo sempre i benvenuti. Ho finito tutta la scorta di sambuca ma, accidenti, ne è valsa la pena!

Amico camionaro, ti rispetto

Anche mentre si viaggia ci sono regole non scritte che è meglio rispettare. Per esempio, è inutile arrabbiarsi con i camionisti quando in autostrada sorpassano. L’importante, dal loro punto di vista, è che mettano la freccia. In buona sostanza, raggiunto con fatica lo slancio necessario a superare un altro camion loro “devono” uscire in seconda corsia e te lo dicono mettendo la freccia. A noi rallentare un attimo e fargli completare la manovra non costa nulla. Non volete rispettare la dura legge della strada e costringete il camionaro a un brusco rallentamento? La strombazzata è garantita, così come il marchio di infamia trasmesso nel canale 5 sulle onde del CB a tutti gli altri camionisti sintonizzati.

Date retta, fate passare! Viceversa, specie se il nostro van non è un mostro di potenza, potrebbe capitarci di essere particolarmente lenti quando percorriamo una strada di montagna in salita. Non c’è fretta, d’accordo, ma se vediamo dallo specchietto che siamo diventati la testa di un lungo corteo di auto, accostiamo e facciamo passare. Non ci costa nulla e contribuiremo a migliorare l’immagine del popolo itinerante.

Bene, è ora di lasciare il bivacco avviare il motore e partire ognuno per la propria strada, con la promessa, mai mantenuta, di incontrarci presto. Nel frattempo restate sintonizzati sulle pagine di VITA IN CAMPER e mandateci le vostre prossime avventure ! info@npeditore.it

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